La Nazionale ha giocato la sua prima partita agli Europei in Polonia e Ucraina. Ogni volta che la rappresentativa italiana comincia una competizione internazionale, Mondiali o Europei, gli italiani si inchiodano al video, guardano, tifano, commentano, insultano, si schierano pro o contro i giocatori che scendono in campo, l’allenatore e tutto il sistema calcistico nostrano. Ciò che fa discutere maggiormente è il gioco, se c’è o se manca, il modulo (“ma cosa metti la difesa a 3, passa a 4, cretino!”; “ma togli quel centrocampista e metti 3 punte, cosa aspetti?”), gli interpreti. Difficilmente si parla della telecronaca.
Quest’anno la Rai ha preso l’esclusiva per trasmettere le partite, sicuramente un gran bel colpo. Questo è servizio pubblico, gli Europei sono di tutti, non di chi ha un abbonamento o una parabola. Tutto perfetto, pre-partita, partita, post-partita, post-post-partita. Forse fin troppo. Poi però che succede? Gioca l’Italia e viene messo in cabina di commento un pessimo commentatore. Uno che guarda la partita, non che la racconta. Accanto a lui un altro che era un calciatore, ma che dice delle banalità impressionanti. Uno che definire “commentatore tecnico” sa tanto di offesa, per lui e per noi spettatori.
La TV è uno strumento eccelso, offre immagini e suoni, una descrizione quasi totale della realtà. Manca l’odore, ma in fondo i calciatori sudano e puzzano, meglio così. Ok, ci sono le immagini, ma se si chiama “telecronaca”, perchè non c’è la cronaca? Occorrerà cambiare nome: tele-commento, tele-mugugno, te-la-guardi. Ascoltare una radiocronaca ti fa immaginare la partita, ti fa vivere anche il pathos che si respira quando il giornalista è bravo. E’ fondamentale che il radiocronista ricostruisca, nel giro di pochi secondi, le trame di gioco, gli interpreti, le dinamiche di entrambe le squadre: chi passa la palla a chi, chi tira dove, chi fa fallo, come e quando.
Guardare una partita è molto più semplice. Si vedono le azioni, ci si rende conto degli errori, dei colpi di classe, delle sviste arbitrali. Ci sono i replay. Al telecronista cosa chiediamo? Di dirci i nomi dei giocatori, minimo! Sono minuscoli, a volte irriconoscibili. Quindi il giornalista dovrebbe raccontare con un minimo di tono le azioni, cercando di sottolineare gli aspetti più rilevanti. E il commentatore tecnico? Dovrebbe sopperire alle lacune del giornalista, essendo un esperto del settore, facendo emergere aspetti che un appisolato spettatore non aveva notato. E l’inviato da bordo campo? Potrebbe starsene a casa. Ma questa è solo una considerazione personale, l’inviato vicino alle panchine dovrebbe svelare alcuni retroscena, non tormentare la cronaca della partita con inezie del tipo: “Tizio si è cambiato le scarpe, poi si è messo la pettorina ed è andato a scaldarsi”; “Caio è rientrato un minuto dopo dagli spogliatoi”; “Sempronio guarda la partita e forse è dispiaciuto per non essere entrato in campo”.
Certo, starsene a casa in poltrona è decisamente semplice, ma 110 euro all’anno non danno l’autorizzazione a lamentarsi? Sarebbe troppo chiedere un’ora e mezza di racconto e non 50 minuti di silenzio e 40 di “ma va! ma oh! ma no! che bravo! ottimo! peccato!” e compagnia cantante?
Per chi non avesse visto le partite, ma avesse solo sentito il commento televisivo e fosse incerto: Italia-Spagna è finita 1 a 1, gol di Di Natale e Fabregas, Italia Croazia risultato analogo. Prossimo appuntamento oggi 18 giugno, nella speranza che vada meglio.
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