GFCA Ajaccio e Descartes, 12 anni di passione sempre più viva

Racconto carriera

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  1. Descartes
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    Quella che voglio raccontare è la mia unica carriera su FM12, che ogni tanto, dopo qualche periodo di lontananza dal gioco, ripesco dall'hard disk, per continuare, virtualmente all'infinito.
    Questa volta la pausa è durata mesi, FM12 addirittura disinstallato, ma la cartella del salvataggio, gelosamente custodita, in pochi secondi ha fatto la magia, facendomi volare ad aprile del 2023, qualche giorno prima dell'andata della Semifinale di Champions League.
    Siamo in Francia, in Corsica, dove il sottoscritto Rene Descartes è nelle settimane bollenti della 12a stagione alla guida del GFCA Ajaccio (Le Gaz).
    E', come dicevo la mia unica carriera con FM12, e tutta con la stessa squadra, potete quindi immaginare che, anche dopo mesi di abbandono i nomi dei giocatori spuntano dallo schermo come vecchi amici dei quali, ancora, ricordi tutto.
    Con calma riprendo confidenza con tutti gli aspetti della squadra, facendo scorrere lentamente i giorni che rimangono prima dell'importante partita, contro l'Olympic Marsiglia, un'altra francese, che conosco bene, avendola incontrata molto spesso, negli anni, soprattutto nelle competizioni nazionali, e che troppo spesso si è rivelata una bestia nera per noi.
    Un esempio per tutti la stagione scorsa 2021/22, quando sempre l'OM ci eliminò ai Quarti di Champions League.

    Ma Rene Descartes, come il suo omonimo matematico e filosofo razionalista non può essere superstizioso, e quindi sono pronto a giocarmi una delle partite più importanti della mia carriera...

    Prima di schiacciare il pulsante GIOCA dobbiamo però fare un grande passo indietro, per capire come una squadra che nel 2011 si dimenava tra i dilettanti francesi possa giocarsela a viso aperto in semifinale di CL.

    Io sono René Descartes, e questa è la mia storia... (continua)


     
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  3. TheSpecialOne
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    Seguo anch'io, mi hanno sempre entusiasmato le carriere che partono dal basso, sono quelle che poi danno piu soddisfazione :sisi:
     
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  4. Descartes
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    - Prefazione

    Mi accorgo subito con rammarico che stendere una narrazione organica della mia avventura ad Ajaccio non è cosa facile: nonostante le emozioni, positive e negative, che mi ha regalato questa lunga carriera, i ricordi, specialmente quelli più lontani, non sono più vividi come un tempo, è necessaria quindi una buona dose di pazienza (dote che da allenatore a volte mancava) e l'aiuto di tutti gli strumenti possibili.
    E' quindi solo con l'aiuto degli almanacchi che alcune vittorie e sconfitte diventano facili da ricordare, e che i trofei vinti possono tornare a scintillare dopo i mesi nei quali hanno riposato in tristi scatole impolverate.
    Grazie ai database della società alcuni acquisti azzeccati, onesti giocatori e molti bidoni sono come vecchie conoscenze che affiorano in vecchi cellulari accesi casualmente o nelle foto delle vacanze dopo anni di oblio.
    Alcuni screenshot, che ancora conservavo descrivono la crescita dei i giovani potenziali talenti che il mio esercito di instancabili osservatori ha scovato in tutto il mondo e riportano alla mente le ore passate a organizzare l'allenamento perfetto e l'ansia di veder crescere quei freddi numeri che tanto ci scaldano il cuore, come voti nella pagella di un figlio.

    Nonostante questo, so di essermi imbarcato in un lavoro colossale, e senza avere ancora in mente un'idea precisa di come imposterò il racconto, chiedo scusa ai miei lettori per gli errori e i buchi che la narrazione inevitabilmente porterà con se.
    Ma prima che un elenco di partite, numeri e risultati, questa vuole essere una storia di emozioni e persone, e così spero sarà...
     
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  5. Descartes
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    PARTE I



    - CAP I

    La Corsica è un posto strano, con le sue particolarità e orgogliosamente diversa dalla Francia continentale. Lo sanno tutti, anche chi non ci ha mai messo piede.
    La sua natura, il suo mare cristallino, le sue montagne selvagge hanno un fascino magnetico per un amante dell'aria aperta come il sottoscritto. Dalla prima volta che l'ho visitata, molti anni fa, giovane campagnolo costretto da tristi eventi a vivere nelle più squallide periferie di città e sempre insofferente e ribelle a quel grigiore ho capito di aver trovato un'amica sincera, nella quale, successivamente, sarei andato a rifugiarmi spesso, per schiarirmi le idee nei momenti più cupi della gioventù. E appena il piede toccava la terra corsa, sentivo un energia ancestrale scorrere nelle vene e talvolta, cosa difficile, un sorriso si schiudeva alla sua vista.
    Questa volta è diverso, sorrido già prima di arrivare da lei, perché ho come la sensazione che sono destinato a rimanervi a lungo, a 35 anni la fortuna ha voluto farmi un grosso regalo, per ripagarmi, forse, di quanto rubato in gioventù.
    I miei genitori, contadini in un piccolo paese sperduto della campagna francese, "pecore nere" di una famiglia in vista e benestante da generazioni sono stati strappati da questo mondo troppo in fretta, quando avevo appena 16 anni, da un terribile incidente stradale che mi ha lasciato un velo di malinconia, un carattere difficile e un senso di lotta perenne contro il mondo.
    Gli eventi successivi hanno potuto solo peggiorare la situazione, passato sotto la responsabilità di mio zio verrò "scaricato" al compiere dei 18 anni a gestire le peggiori palazzine di sua proprietà, periferie di Parigi, Lione, Marsiglia, giro tanto ma non trovo pace da nessuna parte, non ho un posto che meriti di essere chiamato "casa". La mia vecchia casa, quella vera, dei miei genitori è stata venduta qualche mese dopo la loro morte per coprire un investimento, l'ennesima, inguardabile, grigia palazzina. Quella è stata la prima volta che ho sentito l'impulso di scappare via da quella "non vita" e, quasi per caso mi sono trovato in Corsica. Cosa che, come già accennato capiterà spesso.
    Purtroppo la necessità di lavorare mi ha costretto ogni volta a tornare al grigio cemento. La in mezzo, dove non sono, e non mi sento nessuno, un puntino di rabbia e freddezza.
    L'unica cosa che mi permette di scaricare in maniera positiva queste pericolose emozioni è una sola: il calcio.
    In ogni città dove vivo cerco una squadra di calcio, o più di una, visto che da molte mi mandano o vado via a causa del mio carattere. Categorie inferiori, ovviamente. Sono un discreto centrocampista, cerco di compensare il fisico minuto con la grinta e l'intelligenza tattica. Spunto e riflessi molto buoni, piedi non pessimi, ma ho iniziato a giocare a pallone troppo grande per pretendere di più. Non che mi sia mai interessato. Io voglio solo inseguire un pallone.

    Poi a 30 anni succede qualcosa. Abito a Marsiglia dove gioco in una delle tante squadre dei sobborghi del porto, tanti arabi e africani, anche un cinese, gente tosta, che la sfera che rotola strappa per qualche ora alla droga, alla strada e alle mafie. Catenaccio e contropiede, tante botte e tanti cartellini. Brutti ma discretamente efficaci, metà classifica.
    In pochi giorni però scoppia il panico. Io mi stiro il bicipite in una partita che terminerà in rissa e in una pioggia di cartellini e squalifiche. Alcuni dirigenti vengono arrestati per rapporti con criminali della zona, l'allenatore si dimette quando capisce che difficilmente verrà pagato ancora, anche il capitano, un colossale difensore centrale senegalese sembra sconsolato. Nulla di divertente resiste nelle banlieue, solo cemento, droga, povertà e rabbia.
    "Scappo" in Corsica, per tre giorni. Il vice allenatore mi tempesta di telefonate e messaggi "dove c...o sei? Qui sta crollando tutto. Aiutami con gli allenamenti, i ragazzi vogliono mollare".
    Rientro il sabato. Domenica perdiamo 3-0 in casa. Morale sotto i tacchi. Negli spogliatoi non parla nessuno, non c'è tristezza, capisco che a nessuno ormai frega nulla di nulla.

    E' allora che zoppicando chiudo la porta e prendo la parola, in un discorso che segnerà la mia vita...

    Edited by Descartes - 18/4/2016, 20:27
     
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  6. Descartes
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    "Moha" dico con calma, rivolgendomi ad un esperto mediano "rimanevi sempre troppo arretrato sulle rimesse del loro portiere".
    Mohamed Lahid mi punta contro due occhi neri come il carbone delle miniere algerine, e anche qualche altro giocatore mi guarda, sorpreso che qualcuno discuta con calma di queste minuzie tattiche dopo che, nel giro di una settimana, la squadra e la società stessa sono crollate come un castello di carte, e nessuno sa per quanto ancora esisteranno.
    "Andres", continuo freddo verso un agile ala "continuavi a crossare, e anche discretamente, ma in area i palloni erano sempre loro. I due centrali erano troppo alti e forti per Mika, quando è così punta l'uomo e vai dentro, accentrati, scambia e vai, fai qualcos'altro".
    Ora mi guardano tutti come un alieno, qualcuno sorride apatico, nessuno risponde ancora.
    Continuo a sciorinare analisi tattiche (non so quanto valide) e faccio qualche complimento. La mia voce calma è interrotta dalle urla di festa dello spogliatoio degli avversari.
    Continuo. Urla più forti.
    Sfottò.
    "E no questo è troppo". Il nostro capitano si alza di scatto e fa per uscire fuori, per far star zitti gli avversari. In casa nostra non ci si prende in giro. In un attimo si accendono tutti.
    Li fermo con decisione, sono un granito della Corsica e loro sono onde d'acqua di mare: "Hanno vinto e festeggiano, è giusto. Dove c...o era tutta questa grinta che avete adesso in campo? Invece di pensare a queste stronzate pensiamo a calmarci tutti e a ragionare e a togliere le palle quando serve, cioè in campo".
    Il vice allenatore, o meglio l'allenatore attuale, dopo l'abbandono del precedente tace. E' sempre stato un corpo estraneo in questa squadra. Tutti nella difficile situazione che stava attraversando la squadra sapevano che era solo questione di tempo prima che abbandonasse.
    Wes, il capitano, capisce al volo le mie intenzioni, si tranquillizza e si mette al mio fianco. E' quello di cui avevo bisogno, l'uomo più rispettato è dalla mia parte, ma non basta per indirizzare gli animi, Wes, il gigante buono, non è proprio a suo agio con i discorsi. Quello devo continuare a farlo io.
    "Dovremo ringraziare gli avversari per averci preso per il c..o, è stato l'unico momento negli ultimi sette giorni in cui ci siamo stati uniti... guardatevi per Dio, ora riempite i borsoni, vi cambiate e chi si è visto si è visto. Allenamenti martedì, se non c'è la Champions in TV, e giovedì, se non piove..."
    Sto urlando. Anche gli avversari devono avermi sentito e non cantano più.
    "Domani vi voglio vedere tutti al campo, fino a quando questa squadra esiste, figure di m...a non ne faremo più. Fatelo almeno per chi è venuto a vederci". Concludo.
     
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  7. Descartes
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    E il bello è che il lunedì i giocatori vennero. Non tutti ovviamente, ma ci allenammo comunque. Ovviamente io ero infortunato, ma da li in poi non saltai un allenamento, proponevo esercizi, davo dritte ai giovani, scambiavo pareri con gli altri giocatori, l'allenatore mi trattava come il suo vice. I giocatori mi stavano a sentire. Concludemmo la stagione senza infamia né lode, a metà classifica.
    Ma quella situazione così difficile aveva cementato il gruppo, anche la società beneficiò del nuovo spirito. Diventammo piano piano un punto di riferimento per il quartiere. Arrivò un nuovo allenatore, che dopo aver parlato in privato con alcuni senatori mi chiese di fargli da vice.
    Accettai. Mi ritirai dal calcio giocato, ormai avevo chiesto troppo al mio fisico, le battaglie al centro del campo, nelle quali non mi ero mai risparmiato ormai chiedevano il conto e l'idea di diventare allenatore in futuro iniziò a piacermi.
    Il mister era un signore distinto e simpatico, sempre elegantissimo e calmo. Lasciava a me il compito di domare le situazioni più accese e mi insegnò tanto.
    Ero bramoso di imparare, tattica, allenamenti, esercizi di tecnica, divoravo video su Youtube e analisi statistiche. Non avevo mai visto il calcio in questa maniera, mi si aprì un mondo nuovo. Arrivammo più o meno come l'anno prima, ma in modo completamente diverso. Cercavamo sempre di imporre il nostro gioco, il possesso palla era quasi sempre dalla nostra e stavamo alti, reparti corti e pressing indiavolato appena perso il pallone. Anche dalla difesa insistevamo per voler uscire palla al piede, prendemmo tanti goal proprio per non voler buttare mai il pallone ma stavamo imparando a giocare a calcio.
    La stagione successiva riuscimmo a fare anche le giovanili, tesserando tanti ragazzini. Io ero ufficialmente il loro allenatore, passavo tanto tempo con loro. Era quasi una missione, il campo di allenamento era sempre aperto per i ragazzi del quartiere.
    L'anno dopo ancora il mister lasciò e la dirigenza mi chiese di allenare la squadra. Fu il mio primo incarico, non ci pensai su due volte. Allenai la squadra per 3 anni.
    Finalmente centrammo la promozione, e fu festa grande. Ma più che il successo sportivo ero contento per quello che la società era diventata.
    Un'isola di speranza in mezzo ad un mare di cemento. Qualche ragazzino di talento fu ingaggiato in squadre semi-professionistiche. Ero contento per loro, anche se un po' dispiaceva. La dirigenza era completamente nuova, e più pulita rispetto a prima, anche i problemi finanziari, grazie agli eventi che facevamo per il quartiere sembravano lontani.
    Ero soddisfatto. Facevo l'allenatore gratuitamente, e anzi ci mettevo tanti soldi di tasca mia, perché sapevo di fare qualcosa che andava oltre il calcio ma ero ancora dipendente dal lavoro di "palazzinaro" che fu pronto a regalarmi l'ennesima dose di rabbia e malinconia.
    Mio zio mi fece sapere che avrebbe venduto a breve i palazzi di Marsiglia, perché i suoi contatti in borsa gli avevano fatto sapere era imminente il fallimento di una grossa fabbrica di quel quartiere, e, senza più lavoro, molti dei suoi affittuari non avrebbero più pagato, il quartiere sarebbe peggiorato e gli appartamenti avrebbero perso valore.
    Ero furioso, lo mandai a quel paese, lucrava calmo sulla pelle dei miei amici, dei miei tifosi, dei miei fratelli.
    Ed ero rassegnato perché non ci potevo far nulla. Cosa diavolo mi ero messo in testa?
    Nulla di divertente resiste nelle banlieue, solo cemento, droga, povertà e rabbia.

    Fu allora che arrivò la chiamata dalla Corsica...
     
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    " Come on You Dons !!!! "

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    Io sono sardo.. Il corsicano lo capisco benissimo.. Siamo quasi cugini con quel popolo..
    Solo per la passione che mostri.. Ti meriti la mia attenzione
     
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  9. Descartes
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    Riassumo in breve quella che fu un'estate intensa.
    Dei miei amici in Corsica che avevano seguito con interesse le mie vicende da apprendista allenatore a Marsiglia avevano dei contatti con la dirigenza del GFCA Ajaccio, una squadra che militava nel campionato semi-professionista francese e che, dopo di assestamenti societari cercava una nuova guida (economica) per impostare un progetto a lungo termine.
    Ero ovviamente interessato, anche se abbandonare i ragazzi a Marsiglia proprio all'alba dell'uragano che stava per abbattersi su di loro mi dispiaceva e mi sapeva di vigliaccata.
    Dopo qualche giorno mi misero in contatto col presidente, Fanfan Tagliaglioli, che già al telefono mi fece subito una buona impressione.
    Come me cercava sempre il giusto compromesso tra testa e cuore, realtà e sogno, freddezza e passione.
    Insisteva sul fatto di creare le basi per qualcosa di importante, non nascondendo comunque che il budget era molto limitato, ma ripromettendosi di investire eventuali plusvalenze per migliorare la squadra.
    Alla fine accettai un contratto di 875€ a settimana, di due anni. I ragazzi di Marsiglia capirono. Meritavo un po' di felicità.
    Presi la prima nave disponibile e mi lasciai quel mondo alle spalle.
    Era il 28 giugno del 2011...

    PS. Bomberone10 Sono sardo anch'io ;-)

     
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  10. Descartes
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    - CAP II
    I fatti precedenti erano frutto dell'immaginazione, da qui in poi il racconto segue la mia carriera su FM12

    28 Giugno 2011
    Il GFCA Ajaccio è una squadra semi-professionista francese, la seconda per importanza nella città, e che si dimena da anni nella categoria National.
    Le strutture sono adeguate al livello, anche se lo stadio è piccolo e con pochi posti a sedere, ma non è un problema. Non credo che riusciremo a riempirlo a breve. Le giovanili sono invece molto deboli. Mi riprometto di lavorarci su con calma, il presidente è d'accordo ma mi fa capire che non ci saranno investimenti azzardati. Non faremo il passo più lungo della gamba.
     
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